L’inizio di tutto

Settembre 2015: Siamo incinti!

Dopo “solo” 19 anni insieme, ecco la grande novità. Gioia, curiosità, e anche qualche paura per una vita, la nostra, che cambierà.

Che si tratti di una avventura bella tosta lo capiamo subito: al terzo mese vengo messa a letto per un mese intero. Tra paure e speranze, anche Dicembre scorre e finalmente arriviamo alla 14sima settimana. Siamo fuori pericolo!

La prima eco, e i test

Il nostro ginecologo, Enrico, che a dir il vero è stato un angelo custode che ci ha acompagnati per quei lunghi 9 mesi di attesa, non solo è un grande medico, ma anche un grande cugino. Siamo fortunati, abbiamo l’opportunità di fare le domande più strane che ci passano per la testa.

Poco prima di fare la prima ecografia, ci aveva spiegato quali sono i test non invasivi che avremmo potuto fare per indagare eventuali sindromi. Sotto suo consiglio, avevamo scelto di fare il classico bitest e il test del dna fetale. In caso di notizie poco rasserentanti, avremmo sempre potuto pensare a una amnio o villocentesi. Ma l’idea non ci aveva nemmeno sfiorato. A nessuno dei nostri amici era successo, non sarebbe capitato nemmeno a noi.

Dopo la spiegazione delle tre sindromi principali, aveva cominciato a parlarci delle sindromi relative ai cromosomi sessuali. Ma lo confesso. Ma a quel punto, tra disegni di cromosomi e calcolo di possibilità, la nostra testa era già altrove. Avevamo solo voglia di sentire il battito di quel cuoricino per la prima volta. E poi, queste cose non succedono veramente.

La doccia fredda

A fine dicembre arriva il risultato del bi-test. Promossi!

Quello di Harmony invece sembra metterci un po’ di più. E infine, arriva. Enrico ci invita a pranzo il giorno di Santo Stefano. Con un sorriso un po’ tirato ci dice “Ragazzi, va tutto bene. Ma il test rileva una possibilità. 47 XXY. Sindrome di Klinefelter”.

Il mio cuore per un attimo si ferma. La testa comincia a ronzare. Lo stomaco si chiude…. Kline…che?

Non ne avevamo mai sentito parlare. Enrico ci spiega a grandi linee di cosa si tratta. Ci dice anche che ci ha già organizzato un incontro per l’indomani con la specialista di genetica della Mangiagalli.

Gli chiedo fuori dai denti “Cosa faresti al posto nostro?” e lui “Lo terrei, senza nemmeno pensarci”.

Evitiamo di googlare, anche se la tentazione è forte. Ci fidiamo di lui, che ci fa promettere di non farlo.

La nostra scelta

Così, con il cuore pieno di ansia, ci presentiamo al mattino presto al reparto di Genetica.

La dott.ssa Lalatta ci accoglie con un sorriso, ci mette a nostra agio, ci spiega in maniera delicata, ma ferma, di che cosa si tratti. Ci dà l’opportunità di fare domande, di prendere appunti, ci lascia sfogare, senza mai mostrare impazienza nel sentirmi ripetere “perchè proprio a noi???”.

Ma non c’è tempo per recriminare. Siamo già avanti con la gravidanza, e dobbiamo decidere se fare una amniocentesi. Vogliamo sapere con certezza se il test di probabilità ci ha visto giusto? Sì. Io lo voglio sapere. Prenotiamo l’esame, da fare nei prossimi 15 giorni.

Prima di lasciare l’ospedale facciamo un’ecografia, la placenta si è sistemata, e vediamo le gambine e i piedini del nostro Tommy muoversi. Perfetti, vivaci, sembrano già quelli di una vera persona. Eppure lui misura solo pochi centimetri! In quel momento ci arriva dritto in faccia, come uno schiaffo, la potenza della vita. E senza saperlo, iniziamo a pensare che in fondo noi quel bambino lo vogliamo. Con o senza la sua X in più.

Partiamo per le vacanze natalizie. In montagna facciamo lunghe passeggiate, interrogandoci su cosa sia giusto fare. Ripensiamo a quanto ci ha spiegato la dottoressa. Riascoltiamo al conversazione, che Simone ha registrato… la ascoltiamo 1, 2, 3, 6 volte. In auto, in camera, sulla neve.

E poi ci guardiamo, e capiamo che sì, per noi è una situazione accettabile. Poteva andare meglio, ma anche peggio.

Al diavolo l’amniocentesi. Non vogliamo rischiare di perdere il nostro bambino.

Noi abbiamo deciso. Si va avanti. Scopriremo lo stato delle X dopo la nascita.

E speriamo tanto ce ne sia una sola. Se così non fosse, speriamo che la medicina faccia grandi progressi nei prossimi anni per aiutare Tommy a conviverci serenamente.

È arrivato!

La gravidanza scorre serena. Noi decidiamo di chiudere il pensiero XXY in un vasetto.

Ci ripenseremo a luglio.

La mia pancia cresce, Tommaso non è mai fermo, tutti vedono la mia pancia muoversi a qualsiasi ora del giorno e della notte. Arriva la primavera, e arriva il grande giorno: 16 giugno!

Il piccolo nasce, è pieno di capelli. A noi sembra bellissimo e già simpatico.

Quasi quasi, pensiamo, facciamo a settembre il test del dna? Così ci facciamo l’estate tranquilli, cullati dal nostro ottimismo. Tanto, che fretta c’è? Lui è splendido, e noi siamo felici.

Ma la macchina era già in moto, e così quando Tommy ha due settimane facciamo il test del dna.

La dott.ssa Lalatta ci accoglie affettuosamente, presentandoci la dott.ssa Silibello.

Pochi giorni dopo, mentre allatto, ricevo la sua telefonata. “Abbiamo il risultato del test. La X viene confermata”. Mi lascio sfuggire una frignatina. Per un paio di giorni mi lascio andare alla commiserazione. Ci speravo tanto che venisse smentita, e invece.

Abbiamo già un appuntamento per avere il referto. In quell’occasione, abbiamo fatto altre domande, e conosciuto le dott.sse del gruppo di ricerca.

Vogliamo far parte delle famiglie seguite? Eccome se lo vogliamo. Ci fa sentire più guidati, più sicuri di noi. Vogliamo fare tutto ciò che è in nostro potere per convivere al meglio con questa condizione.

Ci lasciamo con un abbraccio.

La nostra esperienza

Tommaso oggi ha 9 mesi.

È un bambino bellissimo. E sereno. Sorride, ama stare in compagnia, gli brillano gli occhi quando vede le sue amichette.

Noi, come genitori, non parliamo mai della nostra sindrome. C’è, punto. Fa parte di Tommy, e di noi, come i suoi occhi grandi e i suoi capelloni assurdi.

Per noi è un motivo in più per cercare di essere genitori presenti e attenti.

Tornando indietro, rifaremmo i test di probabilità? Sicuramente sì.

Per noi è stato un modo graduale, e forse più soft, per entrare nell’ordine di idee che sì, queste cose succedono.

Abbiamo avuto l’opportunità di parlare con esperti disponibili che ci hanno accolti con umanità, documentarci e scegliere come procedere in maniera consapevole.

E ci riteniamo fortunati, perchè sapendo già di questa condizione di nostro figlio abbiamo la possibilità di fare del nostro meglio per aiutarlo.

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